I porti del Mezzogiorno resteranno tagliati fuori dalla Nuova Via della Seta? Qualche giorno fa, sul Corriere del Mezzogiorno, Francesco Marone paventava un simile rischio, attribuendone la responsabilità alternativamente al Governo Gentiloni – per il quale mi chiamava in causa direttamente in quanto allora ministro per la Coesione e il Mezzogiorno – o al Governo attuale. Al di là di un sano esercizio da parte mia del “diritto alla difesa”, credo che il tema posto da Marone sia di tale rilievo per il nostro Sud che meriti una verifica attenta. E d’altra parte quello della Belt & Road Infrastructure (Via della Seta) è tema controverso, come testimoniano gli interventi, tra cui quello del Presidente del porto di Napoli sempre su queste colonne, che segnalano non solo i potenziali vantaggi per l’Italia e l’Europa degli investimenti cinesi ma anche i rischi di indesiderata egemonia che essi portano con sé.
In realtà, grazie ai provvedimenti del Governo Gentiloni ci sono oggi le condizioni affinché proprio i porti del Mezzogiorno svolgano un ruolo decisivo come piattaforma logistica nel Mediterrano lungo la Via della Seta. E lo facciano da protagonisti, senza subire l’iniziativa cinese, costituendo piuttosto la punta avanzata della proiezione del nostro Paese in una nuova possibile stagione di scambi internazionali non solo Est-Ovest ma anche Nord-Sud: l’Italia come punto di riferimento per l’Europa intera nel crocevia del Mediterraneo.
Come sempre, l’azione di un Governo si misura sui fatti e non sulle parole. Vediamo i fatti. Giugno 2017: il Governo Gentiloni vara il decreto legge Mezzogiorno che prevede la costituzione di Zone Economiche Speciali (Zes) centrate, ognuna, su un porto del Sud di rilevanza europea che faccia da perno di un sistema logistico organico con gli altri porti, gli interporti e gli altri nodi fondamentali della rete di trasporto. L’obiettivo è attrarre nel nostro Meridione – attraverso disponibilità di infrastrutture, semplificazioni burocratiche e incentivi fiscali – investimenti rilevanti nei settori della logistica e dell’industria ad essa connessa, in modo da creare condizioni di sviluppo per l’insieme delle attività economiche del territorio.
I passi successivi: a gennaio 2018 il Governo Gentiloni vara il regolamento che stabilisce i criteri per la delimitazione e l’organizzazione delle Zes; a inizio maggio istituisce, con decreto del Presidente del Consiglio, la Zes Campania e la Zes Calabria sulla base dei piani strategici presentati dalle due Regioni. La credibilità che nel frattempo ha acquistato la strategia varata col decreto Mezzogiorno è testimoniata dall’interesse con cui è vista dalle maggiori banche nazionali, a cominciare da Intesa San Paolo – Banco di Napoli che ha già predisposto una linea di finanziamenti di 1,5 miliardi a favore degli investimenti nelle Zes meridionali.
Sta ora al Governo Conte saper portare avanti questo disegno: prima di tutto, nominando i componenti di sua competenza nei comitati di indirizzo delle due Zes già costituite, in modo che possano diventare operative; poi, varando il provvedimento – già predisposto dal Governo Gentiloni – che rafforza le semplificazioni doganali e amministrative per le Zone Economiche Speciali; infine, sollecitando le Regioni che ancora non l’hanno fatto a elaborare i piani strategici per presentare le loro proposte di Zes. Una nota positiva a questo riguardo viene dalla trasmissione, pochi giorni fa, della proposta delle Regioni Puglia e Basilicata per la Zona Jonica centrata sul porto di Taranto, dove nel frattempo grazie al Contratto istituzionale di sviluppo varato nel dicembre 2015 (la vera Legge speciale per Taranto già operante) è stato completato il nuovo molo polisettoriale e stanno arrivando manifestazioni di interesse di importanti imprese di logistica.
Soprattutto si sappia collocare il nostro Paese nel quadro dei nuovi flussi commerciali internazionali, guardando alla Via della Seta senza farsi paralizzare dai rischi che pure ci sono e facendo piuttosto dell’Italia e del suo Mezzogiorno i protagonisti attivi di questa nuova fase. Ma a questo fine è necessario che si faccia chiarezza sulla impostazione della politica economica e della politica internazionale del Governo: è solo contrastando le tentazioni protezionistiche da qualsiasi parte provengano e valorizzando la collocazione europea dell’Italia che si possono tradurre in realtà le potenzialità del nostro Mezzogiorno e si può dare risposta alle aspettative dei suoi cittadini.
Articolo del 16 settembre 2018 per il Corriere del Mezzogiorno