Interventi
20 May 2019

Per l’Europa diventa essenziale investire sul Mediterraneo

Difendersi dal Mediterraneo o investire sul Mediterraneo? Da questa scelta che l’Europa è chiamata a fare dopo le elezioni del 26 maggio dipende il futuro del Mezzogiorno: una Europa rattrappita sugli egoismi nazionali come vorrebbero i populisti sceglierebbe la prima opzione, una Unione che punti a un futuro comune per i suoi figli sceglierebbe la

Leggi tutto >

Difendersi dal Mediterraneo o investire sul Mediterraneo? Da questa scelta che l’Europa è chiamata a fare dopo le elezioni del 26 maggio dipende il futuro del Mezzogiorno: una Europa rattrappita sugli egoismi nazionali come vorrebbero i populisti sceglierebbe la prima opzione, una Unione che punti a un futuro comune per i suoi figli sceglierebbe la seconda. E per il Mezzogiorno è vitale che si faccia questa seconda scelta: un’altra buona ragione per andare a votare il 26 maggio.

La costruzione europea avviata nel 1957 con i Trattati di Roma si è mossa nel solco di una visione dello sviluppo centrata sulla realizzazione del mercato interno e sull’interazione atlantica con gli Stati Uniti. Sono stati raggiunti così risultati sicuramente straordinari in termini di crescita economica e di progresso sociale e civile del continente. Le stesse politiche di coesione sono state pensate per sostenere le aree in ritardo di sviluppo nel loro sforzo di avvicinamento economico e sociale a quelle più dinamiche, in modo da ridurre i divari e realizzare una comune cittadinanza europea. Sappiamo bene come nel nostro Mezzogiorno, così come in altri Mezzogiorni d’Europa, si sia ancora lontani da questo risultato e ci sia ancora molto da fare: di qui l’importanza, come ho scritto domenica scorsa, di avere un Parlamento europeo che, contro l’attacco dei Governi sovranisti di Visegrad, si schieri a supporto di un bilancio pluriennale UE che rialloca le risorse a favore del Sud Europa.

Ma è giunto anche il momento per l’Unione Europea di prendere finalmente consapevolezza delle novità che il processo di globalizzazione sta determinando nello scenario economico mondiale e che mettono ormai in discussione la visione strettamente euro-atlantico-centrica che ha sorretto la crescita europea nel corso della seconda metà del Novecento. Perché la riconfigurazione in corso nelle relazioni economiche internazionali, con il protagonismo dei Paesi emergenti – come la Cina e l’India, ma non solo – chiama l’Europa ad assumere un nuovo ruolo e nuove responsabilità. E il Mediterraneo è lo snodo chiave della fase che sta aprendosi: sia perché con lo sviluppo impetuoso del mondo asiatico e il raddoppio del Canale di Suez il Mediterraneo sta riconquistando centralità nei flussi del commercio internazionale, sia perché sul Mediterraneo si affaccia il continente, l’Africa, che più ha bisogno di crescere nei prossimi decenni.

Non è un caso che la Cina guardi ai porti del Mediterraneo come postazioni fondamentali per la sua strategia espansiva nota come Nuova Via della Seta e che al tempo stesso stia investendo in modo massiccio in infrastrutture e attività produttive in Africa. E’ una sfida forte, cui l’Europa deve rispondere con una strategia centrata su due assi fondamentali: una interazione non subalterna, e anzi basata sul principio di reciprocità, nel quadro di scambi e investimenti che si prospetta con la Via della Seta, coinvolgendovi anche gli altri Paesi asiatici a cominciare dall’India; una presenza economica e politica forte in Africa attraverso massicci investimenti a sostegno dello sviluppo di quel continente secondo la linea del Migration Compact promosso dal Governo italiano nella passata legislatura. Una strategia che, proprio per la sua autonoma forza, è l’unica anche in grado di spingere gli Stati Uniti a riprendere costruttivamente il filo del dialogo atlantico.

Per l’Europa diventa quindi essenziale investire sul Mediterraneo perché è dalla sua centralità che passa la nuova frontiera del suo possibile sviluppo. Si tratta di una straordinaria opportunità per i Paesi del Sud Europa e soprattutto per l’Italia e il suo Mezzogiorno: al centro del Mediterraneo, piattaforma produttiva, logistica e politica per la proiezione dell’Europa nello scenario economico mondiale del XXI secolo.
Ma è chiaro che solo una Europa unita e coesa può giocare questo ruolo da protagonista dei nuovi equilibri internazionali. Il contrario della sua disarticolazione in Stati sovranisti che si chiudono nella difesa degli egoismi nazionali, come vorrebbero i populisti: una difesa miope, perché impotente di fronte ai cambiamenti in corso nel mondo; ma anche una difesa di cui i primi a pagare il prezzo sarebbero i Paesi del Sud Europa, lasciati a fare da cuscinetto rispetto a un mare da cui difendersi.

I populisti nostrani, riuniti nel cosiddetto Governo gialloverde, impediscono all’Italia di essere protagonista in Europa: è una politica contro il Mezzogiorno. La composizione del prossimo Parlamento europeo è perciò questione decisiva.

SEGUIMI SUI SOCIAL