Si può fare. E’ più difficile di quanto non sia al Nord e ci sono molti più ostacoli, ma anche al Sud si può costruire il proprio progetto di vita e di lavoro. Questo è il messaggio di razionale speranza che viene dalle giovani imprenditrici agricole di Corigliano Rossano, riunite oggi nel Progetto Impresa Donna che mette in rete piccole aziende che fanno agricoltura biologica e di qualità nel territorio Jonio-Cosentino. È una storia che riassume e rappresenta altre storie analoghe che in campi diversi rivelano uno spaccato di energie vive che percorrono il nostro Mezzogiorno: storie di forza, di ostinazione, a volte anche di solitudine un po’ amara, ma sempre di riconoscimento nelle proprie radici e nelle proprie convinzioni.
Storie individuali, prima di tutto, ognuna con la propria specifica scelta di vita e di lavoro: chi non ha mai lasciato la sua terra e chi vi è tornata dopo anni di studio e di affermazione professionale passati al Nord o all’estero; chi ha cominciato ex novo – stile start-up, come si dice oggi – e chi ha preso nelle proprie mani l’azienda agricola di famiglia dandole una nuova direzione di marcia; chi da sola e chi insieme al proprio compagno di vita; chi dedicandosi all’allevamento e chi alla coltivazione di agrumi o di ulivi. Tutte però con l’idea di dare vita a un’agricoltura che utilizzi tecniche moderne per valorizzare prodotti di antica tradizione calabrese: non è un caso che la scelta naturale per tutte loro sia stata l’agricoltura biologica e l’applicazione rigorosa di tecniche produttive eco-compatibili.
L’esigenza di costruire una rete – Impresa Donna appunto – è arrivata dopo, quando nel lavoro quotidiano è venuto alla luce il bisogno di collaborare per acquisire maggiori conoscenze tecniche e gestionali, per migliorare la capacità di innovazione e di valorizzazione del prodotto, per rafforzare la commercializzazione e la penetrazione sui mercati. E così è venuta anche la consapevolezza condivisa dei punti di forza e di debolezza dell’esperienza che si stava vivendo. Tra i primi, in particolare, il radicamento nelle tradizioni agricole del territorio e lo sviluppo di produzioni che ne esaltano la qualità. Tra i secondi, la ridotta dimensione d’impresa, che limita la capacità d’investimento e di commercializzazione, la frammentazione legislativa e gli ostacoli posti da una burocrazia lenta e inadeguata.
E’ questa esigenza che ha raccolto AIDDA – l’Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda – che, su iniziativa di AIDDA Lombardia in collaborazione con l’omologa di Puglia-Basilicata-Calabria, sta da un anno sostenendo la rete delle giovani imprenditrici di Corigliano Rossano: l’obiettivo è quello di condividere informazioni, idee, esperienze, buone pratiche, opportunità di sviluppo, di far crescere una cultura di impresa e di impresa al femminile, di coinvolgere e sensibilizzare le istituzioni. Un rapporto fecondo tra tradizione imprenditoriale lombarda e voglia di riscatto dei giovani e in particolare delle donne del Sud.
Da tutto ciò viene una lezione per la politica: è ora di liberare il Mezzogiorno dalla cappa soffocante dell’assistenzialismo, che è stato lo strumento con cui si sono mortificate le forze vive della società meridionale. La richiesta che viene da queste forze è quella di efficienza dei servizi e di infrastrutture che rimuovano le barriere che ostacolano le attività produttive e civili al Sud. Insomma, non assistenza ma uguali condizioni di lavoro e di vita in tutto il Paese.
Certo, è una lezione severa perché troppo a lungo, invece di rispondere a questa richiesta in modo da valorizzare le energie positive della società civile, si è puntato piuttosto sull’assistenzialismo. Ma è anche una lezione di fiducia quella che viene dalle imprenditrici di Corigliano Rossano: prima di tutto verso sé stesse e verso la propria comunità; ma anche verso le stesse istituzioni, perché la loro è una scommessa sul futuro, che quindi inevitabilmente sollecita le capacità di rinnovamento della politica.
Articolo del 3 novembre 2019 per il Corriere del Mezzogiorno