Lo stato di sofferenza che sta traversando il tessuto produttivo di alcune aree del Mezzogiorno rende urgente riattivare strumenti di politica industriale varati nella precedente legislatura e poi inspiegabilmente messi da parte nell’ultimo anno e mezzo: dagli investimenti infrastrutturali previsti nei Patti per il Sud alle Zone economiche speciali (Zes). Ambedue gli strumenti – decisivi per realizzare le opere infrastrutturali indispensabili per mantenere e attrarre attività produttive – sono stati per lunghi mesi abbandonati a sé stessi da una sostanziale assenza di direzione politica. L’attuale Governo sta dando segnali di una ripresa di attenzione che devono però diventare quanto prima interventi concreti.
Sui Patti per il Sud è necessario riprendere a tessere un’azione metodica di sblocco e monitoraggio degli interventi già definiti – o eventualmente da riprogrammare – attraverso l’interazione tra Governo e Regioni e tra Governo e Città metropolitane. Con il corollario importante di accelerare così la spesa dei Fondi strutturali sulla quale si sono accumulati ritardi che possono costare la perdita di risorse europee.
Le Zone economiche speciali, pur rimaste ancora al palo, hanno dimostrato di avere una credibilità intrinseca. E’ di questi giorni la notizia che, a dispetto delle tante incertezze che segnano il percorso dello strumento, il sistema bancario ha messo a disposizione fondi consistenti – a oggi 2,6 miliardi di euro – per le imprese che investiranno nelle Zes: dopo Banca Intesa, che fin dall’inizio ha sostenuto il programma, sono entrate in campo ora anche altre banche a cominciare da UniCredit.
E’ mancata invece altrettanta convinzione da parte delle istituzioni. Sul fronte semplificazioni – decisivo per il decollo delle Zes – l’esecutivo precedente si è limitato a disporre il dimezzamento dei tempi delle procedure, senza che la norma abbia natura realmente vincolante, come del resto non ce l’hanno i termini procedurali rispetto ai quali dispone il dimezzamento. Sul fronte Credito d’imposta per gli investimenti privati nelle Zes, si è perso più di un anno appresso a una discussione surreale interna alle amministrazioni centrali e regionali sulla natura automatica o meno dell’incentivo, quando era chiaro fin dalla norma istitutiva del 2017 il risultato cui quella discussione è infine approdata nel settembre scorso: l’incentivo ha natura automatica esattamente come il più generale Credito d’imposta Sud.
Nella Legge di bilancio oggi in discussione è previsto un incremento della dotazione di risorse per questo strumento e l’istituzione della figura di un Commissario governativo per ogni Zona. Sulla prima misura non si può che esprimere un giudizio positivo, salvo rilevare il cortocircuito comunicativo in cui il Governo è caduto suo malgrado: avendo cancellato la norma del Decreto cosiddetto “crescita” che stanziava 300 milioni per uno strumento confuso e (non a caso) rimasto indefinito di sostegno a investimenti di venture capital nelle Zone economiche speciali, non poteva che arrivare subito l’accusa di indebolimento della strategia Zes; in realtà la Legge di bilancio ha rafforzato la strategia incrementando di 100 milioni il Credito d’imposta Zes e stanziando 250 milioni per la ricostituzione del Fondo per la crescita dimensionale delle imprese meridionali che era stato cancellato dal precedente esecutivo. Due strumenti chiari e già ben delineati.
L’istituzione di un Commissario per ogni Zes lascia invece perplessi per il rischio di una possibile dannosa diarchia con il Presidente dell’Autorità portuale di riferimento. Sarebbe meglio prevedere piuttosto la figura di un Commissario unico nazionale per l’insieme delle Zes, con il compito di sollecitare e coordinare l’azione delle singole Autorità portuali, di aiutare le Regioni nella costruzione delle Zone di pertinenza, di semplificare le procedure nazionali e regionali. A questo proposito, il passaggio chiave che Governo e Regioni devono fare riguarda lo sfoltimento drastico del numero di procedure e la fissazione per ognuna di esse di termini inderogabili per la sua conclusione (pena il silenzio assenso).
Il quadro politico entro il quale si svolge la discussione parlamentare della Legge di bilancio non induce all’ottimismo: c’è da augurarsi che comunque non peggiori le norme sulle Zes e, magari, consenta di migliorare quella in materia di commissariamento. In ogni caso, a partire da gennaio la sfida fondamentale sarà quella di far marciare finalmente le Zone come strumenti fondamentali per l’attrazione di investimenti italiani e internazionali nel nostro Mezzogiorno.
Articolo del 24 novembre 2019 per il Corriere del Mezzogiorno