La “sfida tremenda” posta dalla “voragine” produttiva innescata dal coronavirus richiederà da parte del mondo imprenditoriale lo stesso impegno e la stessa “passione civile” degli anni della “ricostruzione” postbellica: queste le prime parole con cui Carlo Bonomi ha esordito giovedì scorso da Presidente designato di Confindustria. Una ricostruzione che passò allora in misura molto significativa per l’infrastrutturazione e l’industrializzazione del Mezzogiorno e la riduzione del divario economico e sociale con il Centro-Nord, riduzione purtroppo fermatasi a metà degli anni Settanta. E oggi?
Naturalmente molto dipenderà dalla capacità della politica e delle istituzioni a tutti i livelli – nazionale, regionale e locale – di indicare una strategia all’altezza della “sfida tremenda” e di essere fattore di promozione attiva, e non di blocco, dell’impegno di tutte le forze positive presenti nella società italiana, al Nord come al Sud. Ma molto dipenderà anche dalla capacità di ognuna delle componenti della società civile di mettersi in gioco autonomamente, senza attendere alcun deus ex machina, semmai sollecitando con la propria iniziativa la politica e le istituzioni a fare il necessario salto di qualità. E’ quanto, del resto, Bonomi aveva indicato nel programma presentato nei mesi scorsi, laddove parlava di ascolto e interlocuzione con i sindacati, con il mondo della ricerca, della scuola, dell’università, con il terzo settore, in sintesi con tutti i cosiddetti corpi intermedi che “possono avere più buon senso e migliore volontà politica per dare risposte concrete alle sfide che ci aspettano”.
Se si muoverà in questa direzione, il Presidente designato incontrerà presto anche le energie vive che percorrono il Mezzogiorno e che riconoscerà facilmente come parte integrante di quella “Filiera Futuro, incentrata su lavoro, giovani, donne, tecnologia e sostenibilità” di cui parla il suo programma. Sono le imprese, i lavoratori, i giovani, le associazioni, i centri di ricerca, le istituzioni culturali, che con impegno ostinato e lavoro quotidiano costruiscono, in condizioni più difficili che nel resto d’Italia, un futuro migliore per le loro comunità e per il Paese tutto.
Un insieme di forze su cui l’Italia deve fare leva se vuole cogliere una occasione storica che le sta davanti e che può essere di importanza decisiva per la stessa ricostruzione post-coronavirus. Parlo della nuova centralità del Mediterraneo nella riconfigurazione in corso delle relazioni economiche internazionali: per i flussi di merci e di investimento che derivano dallo sviluppo delle economie asiatiche e dal raddoppio del canale di Suez; per le necessità di crescita del continente africano con gli sbocchi connessi di mercato e di investimento. In questo quadro, l’Unione Europea si trova e ancor più si troverà di fronte a nuove sfide strategiche: quella di saper interagire alla pari con la Cina lungo la Via della Seta e quella di essere presente in Africa con grandi investimenti per lo sviluppo. E il Mezzogiorno sarà chiamato a essere piattaforma logistica e produttiva per questa proiezione dell’Europa verso Sud.
Per cogliere questa occasione storica ci sarà bisogno di un impegno corale del Paese intero, rinnovando quella “idea dell’Italia” cui Bonomi faceva riferimento all’Assemblea di Assolombarda il 3 ottobre scorso e che, nelle sue parole, “unisce tutti in un grande patrimonio condiviso … dall’Alto Adige alla Sicilia”. Parole chiare che fanno giustizia di qualche interpretazione forzata circa una pretesa “riconquista” settentrionale dell’Associazione degli industriali.
Un impegno corale che – senza naturalmente sottovalutare l’importanza decisiva delle politiche pubbliche di sviluppo infrastrutturale e attrazione degli investimenti – passa in modo essenziale, voglio sottolinearlo, per l’interazione tra aziende del Nord e del Sud lungo le filiere produttive e commerciali, gli assi e gli snodi della logistica, l’interscambio di capacità innovative e imprenditoriali. E passa per un’azione di scouting da parte delle imprese riguardo alle opportunità di investimento e di sviluppo che nel Mezzogiorno possono aprirsi.
Sono temi, questi, su cui Confindustria ha già cominciato a lavorare sotto la Presidenza di Vincenzo Boccia: il passaggio di testimone da un imprenditore del Sud a un imprenditore del Nord ha il valore di una staffetta tra esponenti di quel patrimonio condiviso, fatto di sensibilità diverse ma interdipendenti, che costituisce la radice forte della nostra coesione nazionale. Al neo Presidente i più sinceri auguri di buon lavoro.
Articolo del 19 aprile 2020 per il Corriere del Mezzogiorno