E’ singolare come in alcuni commentatori il diverso risultato delle elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria abbia resuscitato luoghi comuni di segno opposto che si sperava appartenessero al passato: dalla pretesa contrapposizione di civiltà tra Nord e Sud alla pretesa politica statale anti-calabrese. Nulla di tutto ciò, se si guarda senza pregiudizi a quanto accaduto, piuttosto un comune terreno di riflessione per la politica italiana.
Partiamo dai dati. L’affluenza: in Calabria 44%, in linea con quella alle elezioni europee del 2019 e con quella delle regionali 2014; in Emilia Romagna 68%, in linea con le europee ma molto maggiore delle precedenti regionali (38%). Quindi l’astensione, ridotta significativamente in Emilia Romagna rispetto al 2014, è rimasta invece sostanzialmente invariata al 56% in Calabria.
I flussi elettorali (Istituto Cattaneo di Bologna). L’area del non voto rispetto alle europee: mentre nel caso emiliano è rimasta abbastanza compatta con entrate e uscite molto limitate, in Calabria si è osservato uno spostamento di una certa consistenza dall’astensione verso il Centrodestra, e in misura minore anche verso il Centrosinistra, nonché un flusso consistente dal M5S verso il non voto.
In Calabria, il successo di Jole Santelli appare dovuto proprio alla capacità di attrazione su coloro che non avevano votato alle europee, oltre che alla conferma dei voti di Centrodestra ricompostisi peraltro a favore di Forza Italia penalizzando la Lega. A sua volta, Pippo Callipo ha attratto in misura minore gli astenuti ma è riuscito ad aggregare e mantenere gli elettori che avevano votato PD e Centrosinistra alle europee e ad attirare una quota limitata dei voti 5 Stelle.
In Emilia, la vittoria di Stefano Bonaccini è venuta dal recupero di elettori di Centrosinistra rispetto all’astensione che si era manifestata nelle regionali del 2014, nonché dalla capacità di mantenere e incrementare i voti rispetto alle europee e di attirare in misura molto significativa gli elettori che nel maggio scorso ancora si rivolgevano al M5S.
In sintesi: in Emilia Romagna sono tornati a votare gli elettori di Centrosinistra e a questi si è aggiunta una parte significativa di quei 5 Stelle che non erano passati alla Lega nel 2019; in Calabria, il Centrosinistra ha mantenuto i voti delle europee, peraltro significativamente ridotti rispetto alle regionali 2014, e ha attratto solo limitatamente gli elettori 5 Stelle e gli astenuti, mentre il Centrodestra ha recuperato una parte del non voto.
C’è una morale comune in questi due risultati: il nodo sta nel rapporto tra forze politiche e società civile. Il risveglio del tessuto civico emiliano – sul quale sicuramente le Sardine hanno avuto un ruolo sollecitatore e aggregante – ha trovato ascolto nelle forze del Centrosinistra, con il Presidente uscente forte dell’azione di governo già realizzata. Altrettanto non poteva accadere in Calabria: pur con alcune realizzazioni al suo attivo, l’esperienza di governo del Centrosinistra in Regione non ha impresso una svolta al funzionamento delle istituzioni e non ha colmato la distanza apertasi da tempo tra queste e le energie vive della società civile calabrese.
La candidatura di Callipo ha segnato una discontinuità positiva che indica la strada per ricostruire un rapporto tra Centrosinistra e società civile, e un primo segnale è venuto dal pur limitato flusso in entrata dall’area del non voto. Ma la strada da fare è ancora lunga e quel 56% di astenuti pesa come un macigno. Colpisce da questo punto di vista che gli elettori 5 Stelle delusi e che non erano passati con la Lega nel 2019, a queste elezioni siano andati più verso l’astensione che verso il Centrosinistra, il contrario di quanto avvenuto in Emilia Romagna.
Il fatto è che la situazione calabrese è ben diversa per livello di sviluppo economico e di coesione sociale: l’assistenzialismo mantiene qui una sua capacità di attrazione ma non costruisce tessuto sociale, semmai lo disgrega. La società civile calabrese è percorsa perciò in parallelo sia da energie costruttive che sarebbe ora di valorizzare che da spinte all’indietro che fanno da freno allo sviluppo.
Tre settimane fa si è discusso su questo giornale del rapporto tra società civile e politica nel Mezzogiorno. Il voto calabrese richiama la politica al dovere di aprirsi alla società civile e quest’ultima a non rifugiarsi nel proprio particolare ma a dare il proprio contributo per il bene comune.
Articolo del 2 febbraio 2020 per il Corriere del Mezzogiorno