Non era facile peggiorare la manovra di finanza pubblica sul versante delle misure per la crescita, ma il Governo ci è riuscito, in particolare a spese del Mezzogiorno. Se la versione originaria della Legge di bilancio aveva depotenziato gli incentivi di Industria 4.0 (sopprimendo il superammortamento e indebolendo l’iperammortamento), aveva sottodimensionata la dotazione per i contratti di sviluppo e non aveva rifinanziato il credito d’imposta per gli investimenti al Sud, il maxiemendamento ha aggiunto il “carico da 11”: ha ridotto le risorse residue a disposizione del credito d’imposta, ha tagliato per 1 miliardo e 650 milioni i fondi di coesione, ha ridotto per 600 milioni gli investimenti attivabili da Ferrovie dello Stato.
Il credito d’imposta per gli investimenti al Sud è una misura che ha mobilitato investimenti privati molto rilevanti nel Meridione d’Italia: a settembre scorso, quindi in circa un anno mezzo di operatività, aveva attivato 6 miliardi di investimenti delle imprese e promette di continuare ad attivarne altri. Una misura che ha avuto un simile successo a sostegno della ripresa del Mezzogiorno avrebbe richiesto un incremento, come già si era fatto l’anno scorso, e non una riduzione nella dotazione di risorse.
Il taglio ai fondi di coesione è composto da due voci. La prima consiste in una riduzione secca di 850 milioni nelle risorse destinate al cofinanziamento nazionale che deve accompagnare i fondi strutturali europei. La seconda è una compressione di 800 milioni nelle possibilità di spesa nel 2019 del Fondo nazionale per lo sviluppo e la coesione, una componente essenziale per l’accelerazione dei programmi di investimento pubblico, in particolare di quelli in corso di realizzazione grazie ai Patti per il Sud. Ambedue questi tagli colpiscono tutte le Regioni del nostro Paese ma soprattutto quelle meridionali: 1 miliardo e 240 milioni di euro in meno di investimenti nel Mezzogiorno nel corso del prossimo anno. Come dire che il recupero del gap infrastrutturale e ambientale del Meridione può tranquillamente aspettare tempi migliori!
Nella stessa direzione, sebbene in questo caso in misura proporzionale sugli investimenti delle Ferrovie sul territorio nazionale, va anche il taglio di 600 milioni nelle possibilità di spesa di FS nel 2019: con buona pace del potenziamento dei trasporti ferroviari di cui il nostro Paese e il suo Mezzogiorno hanno assoluto bisogno per motivi economici, sociali e ambientali.
Se non era facile peggiorare la Legge di bilancio è invece molto facile spiegare come mai il Governo sia riuscito nell’impresa. Tutta la manovra cosiddetta del “cambiamento” consisteva fin dall’origine nel finanziare in deficit due misure di aumento della spesa corrente – “quota 100” e “reddito di cittadinanza” – portatrici di effetti pesantemente negativi sulla sostenibilità del sistema pensionistico – e quindi sulle pensioni future dei lavoratori giovani e meno giovani oggi in attività – e sulla reale promozione lavorativa di quanti oggi si trovano ai margini del mercato del lavoro – sussidiandoli senza promuoverne l’inserimento, come fa invece il reddito di inclusione attualmente in vigore. E per contenere in qualche modo il disavanzo si sacrificavano le misure di sostegno agli investimenti. Una volta rivelatasi velleitaria la “sfida” ai mercati sul deficit e sul debito, il Governo – dando prova di notevole coerenza – ha ridotto il disavanzo 2019 cercando di limitare l’impatto della correzione sulle spese correnti attraverso una ulteriore compressione delle spese per investimenti e quindi delle misure utili alla crescita e alla creazione di posti di lavoro.
Da Nord a Sud l’Italia produttiva, l’Italia tutta del lavoro e dell’impresa viene sacrificata da un Governo miope sull’altare di interessi elettorali di breve periodo. E ancor più viene sacrificato il Mezzogiorno, sull’altare dei pregiudizi egoistici e della subalternità assistenzialistica che percorrono l’attuale maggioranza.
Sono dispiaciuto di dover chiudere il 2018 con questa constatazione. Riprenderò la rubrica domenica 6 gennaio e il mio augurio per il nuovo anno, cari lettori, è che il 2019 veda l’Italia ritrovare la strada dello sviluppo e della coesione, l’unica che può ridare un futuro ai suoi giovani.
Articolo del 23 dicembre 2018 per il Corriere del Mezzogiorno