Oggi possiamo riportare la questione della Trans Adriatic Pipeline (Tap) nell’ambito di una riflessione razionale sul rapporto tra produzione di energia e tutela dell’ambiente, sottraendola a una polemica ormai sterile.
L’Unione Europea ha lanciato da tempo, con il pieno supporto italiano, la strategia della decarbonizzazione, ponendo il traguardo al 2050 e definendo gli obiettivi intermedi, prima al 2020 e ora al 2030, al fine di essere all’avanguardia in quella riduzione drastica delle emissioni di gas serra che la comunità internazionale è chiamata a realizzare se si vuole bloccare il riscaldamento globale. Fattore chiave della strategia è un nuovo approccio al consumo e alla produzione di energia che, sulla base delle evidenze scientifiche prodotte dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, fa perno su: la riduzione del consumo per unità di prodotto attraverso la diffusione di tecnologie per l’efficienza energetica; l’incremento della produzione elettrica da fonti rinnovabili, in particolare solare, eolico, idroelettrico; la sostituzione di carbone e petrolio con il gas naturale – fonte fossile ma che abbatte le emissioni di CO2 rispetto alle prime due – in modo da anticipare e accelerare la riduzione di gas serra rispetto ai tempi consentiti dallo sviluppo delle rinnovabili.
L’Italia, più di altri Paesi europei, ha operato in questa direzione al punto da aver già superato gli obiettivi di riduzione delle emissioni che le erano stati assegnati per il 2020. In particolare, il nostro Paese si è posto all’avanguardia nella diffusione delle tecnologie per l’efficienza energetica, ha dato vita a uno sviluppo impetuoso delle rinnovabili, ha effettuato una scelta di fondo nel settore termoelettrico a favore delle centrali a gas a scapito di quelle a carbone e a petrolio. Questa scelta è stata decisiva per piegare verso il basso il volume di emissioni annue di CO2 nel nostro Paese. Una riprova viene dal caso tedesco dove, a fronte di un incremento significativo della produzione da rinnovabili, la prevalenza di centrali a carbone rispetto a quelle a gas ha vanificato la possibilità di ridurre le emissioni complessive.
La nuova Strategia energetica nazionale adottata dal Governo nel novembre 2017 ha rafforzato questo approccio, anticipando al 2025 la definitiva uscita dal carbone nella produzione di energia elettrica (dal petrolio siamo già usciti) grazie alla sostituzione con il gas, oltre che all’ulteriore sviluppo di efficienza energetica e rinnovabili. In questo modo, l’Italia ha potuto adottare per il 2030 obiettivi di riduzione delle emissioni più avanzati di quelli stabiliti a livello UE.
Questo processo, virtuoso dal punto di vista ambientale, di sostituzione del gas al carbone nella produzione di energia elettrica e l’aumento della domanda di elettricità e di gas attesa dallo sviluppo di tecnologie green – per esempio nei trasporti terrestri e navali – implica un maggior consumo prospettico di gas. Del resto, in questa direzione spinge la stessa ripresa dell’economia, come testimoniato dalla robusta crescita della domanda di gas nel nostro Paese registrata a partire dal 2015. Diviene perciò sempre più importante, per i processi di sostituzione essenziali a ridurre le emissioni di CO2, garantire sicurezza e prezzi contenuti degli approvvigionamenti di gas per l’Italia e per l’Europa.
Il ruolo decisivo al riguardo lo gioca la differenziazione delle fonti di provenienza del gas rispetto alla situazione attuale caratterizzata da una quota di importazioni dal fornitore principale – la Russia – pari a ben il 40 per cento. Due sono le aree geografiche principali cui fare riferimento in base alle scoperte degli ultimi anni: il bacino del Caspio e il Mediterraneo orientale, dall’Egitto a Cipro. Per il Mezzogiorno, che può e deve giocare un ruolo da protagonista nelle nuove relazioni economiche e commerciali che stanno prendendo forma nel Mediterraneo, è una occasione per rafforzare la propria posizione di avanguardia dell’Europa in questi nuovi scenari.
La Tap consentirà appunto al gas del Caspio, che entrerà a breve in fase di produzione effettiva, di raggiungere l’Italia e l’Europa. Il progetto ha superato da tempo la Valutazione di impatto ambientale secondo criteri scientifici rigorosi, come ha riconosciuto anche l’attuale Governo. E’ ora di completarne la realizzazione, decisiva per il conseguimento degli obiettivi ambientali che l’Italia e l’Europa si sono date: non è di demagogia ma di capacità di governo che c’è bisogno per costruire una economia basata su un nuovo rapporto tra uomo e ambiente.
Articolo del 4 novembre 2018 per il Corriere del Mezzogiorno