In questi giorni il Covid-19 sta purtroppo rialzando la testa anche in Italia e coinvolge sulla linea del fronte anche il Mezzogiorno. Una seconda ondata che porterebbe, oltre ai rischi sanitari che conosciamo e che per fortuna sappiamo gestire meglio di qualche mese fa, anche conseguenze pesanti sulla tenuta del tessuto produttivo del Paese, già provata dalla prima ondata, e quindi sui redditi e sulle condizioni di vita delle famiglie. E’ una evenienza che, sul versante economico, pone domande impegnative alla prossima manovra di bilancio che il Governo si appresta a varare.
La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (la cosiddetta NADEF), elaborata prima che il pericolo si manifestasse come sta succedendo in questi giorni, ne tiene conto come scenario negativo che non può essere escluso, ma delinea un quadro di politica economica che sostanzialmente ne prescinde. E naturalmente tutti ci auguriamo che una simile battuta di arresto non si concretizzi. Ma di fronte all’aumento dei contagi che stiamo registrando è bene comunque predisporre le contromisure da attivare, non solo sanitarie ma anche economiche.
Si tratta prima di tutto di preservare la sopravvivenza dei settori oggi più a rischio: come evidenzia il Rapporto del Centro Studi Confindustria presentato ieri a Roma, mentre la produzione industriale ha fatto registrare da maggio ad oggi un sostanziale recupero rispetto ai livelli produttivi pre-Covid, i servizi faticano a riprendersi. In particolare quelli legati al turismo, alla ristorazione, alle attività ricreative, alla cultura, ai trasporti. Sono questi i settori più esposti alle conseguenze economiche di una recrudescenza della pandemia ed è su di essi che vanno concentrate le risorse, evitando di disperderle in inutili distribuzioni a pioggia.
In secondo luogo, è urgente predisporre gli strumenti per sostenere la ripresa degli investimenti e la crescita dell’economia italiana: la tempistica per l’utilizzo proficuo del Recovery Fund è giustamente incompatibile con l’estrema lunghezza delle nostre procedure di autorizzazione per gli investimenti nelle infrastrutture, negli impianti necessari alla transizione ambientale e digitale, nel contrasto al rischio idrogeologico e sismico, nell’edilizia pubblica. E’ assolutamente necessario sbloccare la nostra capacità realizzativa, ma quanto è stato previsto nel Decreto semplificazioni risulta insufficiente allo scopo.
E dobbiamo sapere che sia le risorse nazionali che quelle europee non sono infinite e che, come le tabelle della NADEF segnalano, il problema del nostro debito pubblico, oggi messo in parentesi, tornerà a proporsi domani, una volta rimessa in moto l’economia italiana: la sua sostenibilità dipenderà dalla tenuta a regime dei conti pubblici e dal ritmo di crescita del prodotto interno lordo. La prima richiede che la gestione di entrate e spese del bilancio nazionale non venga compromessa da sprechi e assistenzialismo. La crescita, a sua volta, richiede che le risorse europee siano utilizzate per realizzare investimenti pubblici e sostenere investimenti privati, senza disperderle in interventi che non impattino direttamente sulla capacità di sviluppo del Paese.
Questo è ancor più vero per il nostro Meridione, il cui tessuto produttivo è più fragile rispetto al Centro-Nord e quindi ha particolare bisogno che le risorse pubbliche vengano utilizzate nelle forme più efficaci.
E’ nel Mezzogiorno che il comparto dei servizi conta di più in proporzione al Pil e dunque la sua crisi incide di più sul livello complessivo di attività economica e di occupazione: il sostegno pubblico va concentrato su quei settori – come turismo, cultura, ristorazione, attività ricreative, trasporti – che sono maggiormente colpiti dalle conseguenze della pandemia.
Ed è nel Meridione che registriamo la maggior carenza di infrastrutture di trasporto, pesanti ritardi nel settore idrico e nella gestione del ciclo dei rifiuti, inadeguatezza delle strutture scolastiche e sanitarie. Come è nel Meridione che più abbiamo bisogno di investimenti privati nelle attività produttive industriali e di servizio. Per il Mezzogiorno quindi è essenziale che le risorse del Recovery Fund non vengano distolte dalla realizzazione di investimenti pubblici e dal sostegno forte agli investimenti privati.
La Nota di Aggiornamento stabilisce gli obiettivi di disavanzo e di debito per il 2021-23. Sta alla Legge di bilancio riempire quelle grandezze con interventi che preparino realmente il Paese a fronteggiare, oggi, le conseguenze immediate della pandemia e a ricostruire, da domani, le basi strutturali per crescere, chiudendo lo storico divario tra Nord e Sud.
Articolo dell’ 11 ottobre 2020 per il Corriere del Mezzogiorno