Il milione di voci con cui venerdì scorso ragazze e ragazzi italiani – insieme a tanti altri giovani nel mondo – hanno messo sul tavolo della politica la questione della lotta al cambiamento climatico e del futuro del nostro pianeta è quello che Giovanni XXIII avrebbe definito un “segno dei tempi”. Comincia ad affacciarsi alla coscienza di molti – e lo fa in modo prepotente – la consapevolezza che i tempi sono ormai maturi per una svolta profonda nel modello di sviluppo, rispetto a quello che – con i suoi meriti e le sue insufficienze – si è affermato dalla metà del Novecento ad oggi.
Un “segno dei tempi” che investe anche il Mezzogiorno, come testimonia la moltitudine di giovani che ha invaso le strade delle città meridionali, da Napoli a Bari a Palermo. Un movimento che traversa unitariamente tutto il nostro Paese, da Nord a Sud, e che collega l’Italia all’Europa e all’America. E anche in questo va accolto come novità positiva, che rompe finalmente il clima plumbeo dell’egoismo divisivo e xenofobo che ha segnato il nostro Paese – e non solo – fino a poche settimane fa.
E del resto da problemi ambientali il nostro Meridione è ampiamente segnato: mettere riparo al disordine urbanistico che ha lasciato rovinare alcuni dei paesaggi più belli del mondo, risanare e rinnovare tecnologicamente complessi industriali – come l’Ilva di Taranto – costruiti in un’altra fase storica, abbandonare carbone e petrolio nella generazione elettrica a favore di rinnovabili e gas, riparare le perdite degli acquedotti e realizzare la rete dei depuratori, riorganizzare il ciclo dei rifiuti e costruire gli impianti che ne consentano la chiusura ordinata.
Alle istanze che nelle piazze del Sud – come nelle piazze d’Italia e del mondo – tante ragazze e tanti ragazzi stanno ponendo, si risponde operando concretamente per risolvere problemi come quelli ora indicati. Non c’è da storcere il naso – come pure qualche pedante sta facendo in questi giorni – di fronte a semplificazioni e ingenuità che, in fondo, dei giovani sono proprie. Il compito della politica è invece quello di elaborare risposte all’altezza dei problemi difficili ma ineludibili che i giovani stanno finalmente ponendo.
Il primo passo è rifuggire da qualsiasi semplificazione ideologica: le scorciatoie aprioristiche – spesso frutto di pulsioni irrazionali se non di interessi inconfessabili – fanno solo danni. Bastino due esempi a questo proposito.
Per affrontare gli enormi problemi dei sistemi idrici meridionali – raccolta e tutela della risorsa attraverso la gestione degli invasi e della captazione, risanamento delle perdite e rinnovo degli acquedotti, costruzione dei depuratori necessari a salvaguadare mari e falde – è necessario passare dalla frammentazione e dalle inefficienze delle attuali gestioni pubbliche e private presenti nel Sud a operatori su scala industriale, con capacità imprenditoriali e finanziarie adeguate (si veda il Rapporto Utilitatis-Svimez del febbraio scorso). Non sono questioni che si affrontano con apriori ideologici a favore della gestione pubblica o di quella privata: stiamo parlando di tecnologie avanzate per il trasporto dell’acqua fino alle famiglie, per la tutela dei mari, la salvaguardia della risorsa a favore delle generazioni future. Stiamo parlando di processi industriali moderni al servizio dell’ambiente che, per essere realizzati, richiedono una gestione in forma di impresa, anche pubblica, ma impresa.
Così come una sequenza di processi industriali caratterizza la gestione del ciclo dei rifiuti: dall’organizzazione – molto complessa, come sanno bene le nostre città – dei servizi di spazzamento e di raccolta, dai quali dipendono pulizia e decoro quotidiani; agli impianti di trattamento della raccolta differenziata – carta, vetro, plastica, organico – secondo un approccio di economia circolare; agli impianti necessari a superare definitivamente le discariche per trattare quanto residua di rifiuto indifferenziato nelle forme oggi più avanzate dal punto di vista ecologico, come ci insegnano i termovalorizzatori in uso nelle città europee all’avanguardia nella cura dell’ambiente. Anche qui stiamo parlando di tecnologie moderne – e di capacità imprenditoriali – a tutela dell’ambiente.
La sfida che viene dai giovani meridionali, italiani ed europei, può essere raccolta solamente da una politica che non solo abbia il coraggio di non voltarsi dall’altra parte, ma abbia ancor più il coraggio di elaborare ed attuare le soluzioni complesse che sole possono dare risposta alle domande semplici e vere che da quei giovani arrivano.