Nel Mezzogiorno il risultato delle elezioni europee di domenica scorsa segue in parte le tendenze nazionali ma, al tempo stesso, appare più complesso e incerto. Sappiamo che dal voto nazionale sono venuti quattro segnali forti riguardo allo stato del Paese: il riflusso nell’astensionismo, rispetto alle politiche di un anno fa; la rovinosa caduta di consensi dei 5 stelle, che più che dimezzano i loro voti; la radicalizzazione sulle estreme nel campo del Centrodestra, con una forte avanzata della Lega e una pesante flessione di Forza Italia; la tenuta in numero di voti e la ripresa in percentuale del Partito Democratico, che diventa secondo partito.
Rispetto al voto nazionale, quello al Sud si caratterizza per: un più accentuato riflusso nel non voto; una perdita di presa sulla società meridionale del M5S, che resta sì primo partito – mentre nel Centro-Nord scala al terzo posto a grande distanza da Lega e PD – ma subisce una emorragia di voti pesantissima; una più impetuosa crescita della Lega; una tenuta del PD ma su livelli inferiori alla media nazionale. Si tratta allora di leggere con attenzione questi risultati: chiedo scusa ai lettori se per questo dovrò ricorrere a un po’ troppi numeri.
Il M5S, che diventa decisamente minoritario al Centro-Nord, resta primo partito al Sud ma perde, rispetto alle politiche 2018, oltre 2 milioni e mezzo di voti, più della metà del suo elettorato. L’analisi dei flussi fornita dall’Istituto Cattaneo di Bologna mostra che l’emorragia sia al Centro-Nord che al Sud è stata verso il non voto e in seconda battuta verso la Lega: in particolare, la fuga verso l’astensionismo è stata più forte al Sud che al Nord, mentre l’inverso vale per la cessione di voti alla Lega.
Forza Italia vede accelerare il ridimensionamento cominciato già prima delle politiche 2018, attestandosi nel Mezzogiorno a meno di 1 milione di voti e perdendone oltre 900 mila rispetto alle politiche. L’emorragia si è rivolta anche qui soprattutto verso il non voto e in misura simile verso la Lega, con andamenti non troppo diversi tra Sud e Centro-Nord.
La polarizzazione sulla Lega è il risultato di flussi in entrata molto consistenti da M5S e da Forza Italia, ma è interessante notare che la Lega subisce una uscita di voti non trascurabile verso l’astensionismo in alcune aree come Palermo e Napoli. In ogni caso, la Lega nel Mezzogiorno quota 1 milione 650 mila voti, guadagnandone oltre 1 milione rispetto alle politiche. Se si pensa che alle europee del 2014 aveva ottenuto solo 66 mila voti, si ha la dimensione della velocità di allargamento del consenso che si è realizzata in questi anni intorno a quella che fino a ieri era la Lega Nord e che si era nutrita – e si nutre ancora nelle sue roccaforti settentrionali – di pregiudizi e luoghi comuni antimeridionali.
L’onore del Centrosinistra nel Mezzogiorno è stato ancora una volta difeso dal Partito Democratico, che ha incrementato significativamente la sua percentuale (risalendo dal 13% delle politiche al 18%) e anche, ma in misura molto limitata, il numero assoluto di consensi attestandosi a più di 1 milione e 350 mila voti. Rispetto ai sommovimenti di flussi delle altre forze politiche, il risultato del PD si caratterizza al Sud come al Centro-Nord per una sostanziale stabilità dell’elettorato: si è arrestata la perdita di voti verso l’astensionismo e verso il M5S, ma non si vede ancora un recupero di voti significativo da queste due aree.
In sintesi, i risultati delle europee ci rivelano un Mezzogiorno che vive una amara disillusione verso il partito che ancora un anno fa raccoglieva quasi la metà dei consensi, una disillusione che non viene intercettata dal PD ma allontana dal voto o induce spostamenti verso la forza politica dai muscoli oggi gonfiati e che ha nel suo DNA il mantenimento del Sud in condizioni di subalternità strutturale. L’inconsistenza dei 5 stelle rende molto probabile il loro ulteriore declino. Il rischio da evitare è che si spiani ancora una volta la strada alla rassegnazione o all’affidarsi fideistico “all’uomo della provvidenza”.
Ma quella della Lega si rivelerà una ascesa “resistibile” se il Centrosinistra sarà capace di uscire dalla difensiva per raccogliere quella disillusione e dare una speranza ai cittadini del Sud, a cominciare dai giovani. Serve una proposta politica, economica, sociale che parli al Mezzogiorno del suo futuro in Italia e in Europa e serve un rinnovamento nel modo di rapportarsi del Centrosinistra con le forze vive della società civile meridionale affinché diventino lievito di una nuova stagione.