Interventi
08 December 2019

Autonomia: proposta da rivedere missione difficile, non impossibile

Lo stato dell’arte della discussione sull’autonomia differenziata rappresenta la prova provata di quanto sia difficile rimettere ordine in un percorso che sia stato malamente impostato in fase di avvio. E’ questa la conclusione da trarre rispetto al tentativo dell’attuale Governo: il disegno di legge del Ministro per gli affari regionali Francesco Boccia, poi diventato emendamento

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Lo stato dell’arte della discussione sull’autonomia differenziata rappresenta la prova provata di quanto sia difficile rimettere ordine in un percorso che sia stato malamente impostato in fase di avvio. E’ questa la conclusione da trarre rispetto al tentativo dell’attuale Governo: il disegno di legge del Ministro per gli affari regionali Francesco Boccia, poi diventato emendamento alla Legge di bilancio, pur presentando alcuni meriti rispetto all’impostazione precedente, contiene passaggi che riproducono le ambiguità del percorso disegnato dal Governo gialloverde e che rischiano di vanificare le buone intenzioni.

E’ certamente un merito della proposta Boccia l’idea di far precedere le intese con le singole Regioni da una legge quadro, attuativa dell’articolo 116 comma 3 della Costituzione, che definisca le regole comuni cui ci si deve attenere nella elaborazione e sottoscrizione di ogni singola intesa. Come pure è meritoria la centralità che nel testo viene riservata alla definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), degli Obiettivi di servizio e dei relativi Fabbisogni standard, come strumenti fondamentali per costruire un regionalismo ordinato, che non penalizzi nessuna area del Paese. E infine è positiva la previsione esplicita che le risorse dedicate alle infrastrutture devono assicurare su tutto il territorio nazionale quanto necessario a fornire i Lep e gli Obiettivi di servizio. 

I problemi vengono quando dalle affermazioni di principio si passa alle singole norme. La prima è quella che dispone che i Livelli essenziali delle prestazioni, gli Obiettivi di servizio e i Fabbisogni standard siano individuati “entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa che attribuisce per la prima volta la funzione”. Questo significa che non si procede alla determinazione dei Lep ex ante, come strumento per la realizzazione dell’autonomia che la Costituzione prevede comune a tutte le Regioni, ma si procede in ordine sparso, funzione per funzione e solo in relazione alle competenze specifiche che la singola intesa vuole trasferire alla singola Regione. Quindi, lo strumento chiave per l’applicazione del principio generale dell’autonomia regionale, che dovrebbe essere preordinato rispetto all’attribuzione ad alcune Regioni di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, risulta all’opposto subordinato all’individuazione di tali funzioni “ulteriori e particolari”. In sintesi, l’autonomia differenziata di singole Regioni viene nei fatti anteposta all’autonomia generale dell’insieme delle Regioni italiane.

Questa singolare inversione risulta poi aggravata dalla disposizione che “qualora entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa” con la singola Regione i Lep non siano stati determinati, le funzioni vengono comunque attribuite e le risorse assegnate alla Regione sulla base di quanto oggi iscritto nel bilancio dello Stato, ossia della spesa storica. Questo significa in realtà introdurre, per le Regioni che godono di una maggiore spesa storica, l’incentivo a bloccare il raggiungimento dell’accordo in Conferenza Stato-Regioni necessario a varare i Lep, vanificando quindi proprio la condizione chiave di un regionalismo equo e ordinato.

Né vengono stabiliti, come dovrebbe fare una Legge quadro attuativa dell’articolo 116, criteri precisi per definire quali competenze e funzioni possano essere trasferite in forma differenziata a singole Regioni. Si rinuncia così a varare subito lo strumento necessario a respingere tentativi, come quello delle Regioni Veneto e Lombardia, di farsi attribuire competenze esclusive su servizi e infrastrutture di interesse nazionale, competenze che è necessario rimangano invece nella disponibilità dello Stato se si vuole salvaguardare la tenuta unitaria del Paese.

Se allora, come sembra intenzione dell’attuale Governo, si vuole procedere in tempi stretti a varare una Legge quadro e però non si vogliono fare pasticci, si deve essere disponibili a operare un cambiamento radicale di impostazione che sani definitivamente il vizio d’origine del percorso varato dal Governo precedente. Si tratta di correggere il testo prevedendo: che la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, degli Obiettivi di servizio e dei Fabbisogni standard deve sostenere l’attuazione generale del regionalismo, la quale a sua volta deve precedere la definizione delle “ulteriori particolari” forme di autonomia differenziata; che si può procedere all’attribuzione di funzioni e risorse solo dopo la determinazione di Lep e fabbisogni corrispondenti; che le competenze trasferibili non possono toccare servizi e infrastrutture di interesse nazionale.

E’ una missione difficile, non impossibile.

Articolo del 8 dicembre 2019 per il Corriere del Mezzogiorno

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