Interventi
21 July 2019

Economia meridionale a motori spenti: servono politiche serie, non proclami

L’economia meridionale si è proprio fermata, questo dice in sintesi il Check-up Mezzogiorno presentato qualche giorno fa da Confindustria e SRM. E con l’economia ristagnano i tanti problemi del Sud, a cominciare dalla disoccupazione e dall’assenza di opportunità per i suoi giovani. Il Prodotto interno lordo dell’insieme dell’area è aumentato nel 2018 solo dello 0,4%,

Leggi tutto >

L’economia meridionale si è proprio fermata, questo dice in sintesi il Check-up Mezzogiorno presentato qualche giorno fa da Confindustria e SRM. E con l’economia ristagnano i tanti problemi del Sud, a cominciare dalla disoccupazione e dall’assenza di opportunità per i suoi giovani.

Il Prodotto interno lordo dell’insieme dell’area è aumentato nel 2018 solo dello 0,4%, contro l’1,4 dell’anno precedente, e ristagna intorno allo zero in questo 2019. Si è fermata la crescita del numero di imprese che si era registrata negli ultimi anni e che era un segnale positivo di vivacità imprenditoriale e produttiva. Le esportazioni, dopo un buon incremento nel 2018 che proseguiva il trend degli ultimi anni, hanno fatto segnare una battuta d’arresto nella prima parte del 2019. Tengono ancora, ma rallentano, gli investimenti grazie al sostegno dato dal credito d’imposta varato per il Mezzogiorno nella scorsa legislatura. L’indice sintetico – costruito da Confindustria e SRM per evidenziare la situazione riassumendo questi andamenti – certifica la fermata in corso.

Ma il dato più preoccupante che il Rapporto ci consegna riguarda il lavoro: nella prima parte del 2019 l’occupazione complessiva nel Mezzogiorno è diminuita per il terzo trimestre di seguito, tornando così sotto la soglia dei 6 milioni di occupati che era stata faticosamente superata grazie alla crescita del triennio 2015-17. La caduta è dovuta al settore delle costruzioni – che risente della stagnazione degli investimenti pubblici – e all’agricoltura, mentre l’occupazione nei servizi resta al palo e quella nella manifattura cresce in misura minore che in passato.

Questa fermata dell’economia meridionale e le sue conseguenze sull’occupazione suonano particolarmente critiche perché, interrompendo la ripresa che si era avviata, rischiano di cristallizzare antiche e dolorose ferite del mercato del lavoro al Sud. Così, segnala il Check-up, oggi risultano occupate nel Mezzogiorno meno della metà (il 44%) delle persone che sono in età lavorativa, contro i due terzi (il 66%) nel Centro-Nord (dato, quest’ultimo, che è sostanzialmente in linea con quello degli altri Paesi europei): questo indicatore – il cosiddetto tasso di occupazione – riassume bene, purtroppo, la distanza tra disponibilità di lavoro e suo effettivo utilizzo, con le immaginabili conseguenze sia sulla minore capacità di creare ricchezza dei territori meridionali sia sulle ridotte possibilità – specie per donne e giovani – di costruire la propria vita lavorativa nella propria terra.

A questa mancanza di opportunità di lavoro corrispondono tassi di disoccupazione femminile e giovanile nettamente più alti che nel Centro-Nord: 21% per le donne, contro il 12% medio nazionale, e ben 52% per i giovani tra i 15 e i 29 anni, contro il pur elevato 33% nazionale. E a questo dato si aggiunga quello sui giovani che si trovano in condizione NEET, ossia non studiano e non lavorano: quasi 1 milione 200 mila ragazzi nel Mezzogiorno. Quest’ultima è la condizione che, in prospettiva, deve più preoccuparci: giovani che vedono ogni giorno erodersi la speranza di una vita attiva.

Nella stessa direzione vanno i dati riportati nel Check-up sui tassi di abbandono scolastico e sull’andamento delle immatricolazioni all’Università: al Sud ancora più del 18% dei giovani lasciano gli studi dopo aver conseguito la terza media, un dato in calo rispetto al 25% del 2007 ma pur sempre molto superiore all’11% che si registra oggi nel Centro-Nord; le immatricolazioni poi sembrano nel 2018 aver ripreso il trend di discesa iniziato nel Mezzogiorno all’indomani della crisi economica del 2008 e che pure si era interrotto con un primo recupero di iscrizioni a partire dal 2015. Il rischio evidente è che in questo modo non si riesca mai a riequilibrare la composizione per livelli di istruzione della popolazione in età di lavoro, oggi segnata al Sud, rispetto al Centro-Nord, da una percentuale più bassa di laureati e più alta di persone con titolo di studio non superiore alla terza media.

In conclusione, è ora di ricostruire una prospettiva di speranza per i giovani del Mezzogiorno d’Italia. La fermata dell’economia meridionale che il Rapporto di Confindustria e SRM segnala chiede perciò risposte immediate di politica economica, affinché si riprenda al più presto il sentiero della crescita produttiva e occupazionale. Su questo, non su tonitruanti proclami, dovrebbero misurarsi la prossima legge di bilancio e le azioni di politica industriale di un Governo che fosse degno di questo nome.

SEGUIMI SUI SOCIAL