Interventi
13 October 2019

La storia non torna mai indietro. Un libro sul Meridione 1860 – 70

Proprio nei giorni scorsi mi è capitato di argomentare su queste colonne che la ripresa economica, civile e morale del nostro Paese passa per l’interazione tra tutte le forze costruttive della società italiana, del Nord e del Sud. E questo richiede che l’Italia sappia riscoprire i motivi profondi – culturali, sociali, economici – del suo

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Proprio nei giorni scorsi mi è capitato di argomentare su queste colonne che la ripresa economica, civile e morale del nostro Paese passa per l’interazione tra tutte le forze costruttive della società italiana, del Nord e del Sud. E questo richiede che l’Italia sappia riscoprire i motivi profondi – culturali, sociali, economici – del suo essere comunità nazionale. Non è mai inutile allora tornare a riflettere sulle radici della nostra storia unitaria, e da ultimo lo fa il recente volume La guerra per il Mezzogiorno (Laterza 2019) di Carmine Pinto (professore di Storia contemporanea presso l’Università di Salerno), che ricostruisce lo scontro tra sostenitori dell’Unità d’Italia e borbonici negli anni immediatamente successivi la proclamazione del Regno d’Italia nel marzo 1861.

Si tratta di una ricostruzione attenta, articolata, quasi minuziosa delle vicende che percorrono il Meridione continentale nel decennio successivo all’unificazione del Paese e che parte programmaticamente dalla critica dei tentativi di adattare gli eventi di allora “alle questioni del presente […] finendo per distorcerne il senso, estrapolando gli attori e le azioni dal loro contesto storico”. 

Non a caso, il volume si apre con una analisi dei conflitti che segnano il Regno delle Due Sicilie per tutta la prima metà del secolo XIX, dalla Rivoluzione napoletana del 1799, sanguinosamente repressa, ai moti liberali e unitari che culminano nel 1848 con la concessione dello Statuto, seguita l’anno dopo dalla restaurazione e dalla definitiva scelta anticostituzionale da parte di Ferdinando II. Conflitti politici dietro i quali stanno rapporti di classe segnati nelle campagne dal latifondo – con la contrapposizione tra aristocrazia agraria e masse contadine povere – e nelle città dai ceti commerciali e amministrativi da un lato e da larghi strati di povertà urbana dall’altro. 

Con la Spedizione dei Mille “il confronto tra progetti nazionali”, quello unitario contrapposto a quello borbonico, “assorbì e portò a sintesi le antiche fratture tra liberalismo e assolutismo legittimista, fazioni e gruppi locali, rivendicazioni sociali e tradizioni di brigantaggio che per oltre mezzo secolo avevano frammentato il regno meridionale”. Ma quella che, all’indomani della Spedizione, sembrava una situazione definitivamente risolta a favore della rivoluzione unitaria e liberale venne ben presto incrinata dai tentativi di controrivoluzione borbonica. 

Pinto osserva con l’occhio distaccato dello storico le diverse componenti dello scontro, “le loro diverse e autonome prospettive”. E ricostruisce l’intreccio spesso non districabile tra brigantaggio politico da un lato, che Francesco II in esilio e una parte dell’aristocrazia agraria cercano di sollecitare e sostenere, e brigantaggio di mera natura criminale dall’altro. Così come gli errori politici dello Stato unitario nel fronteggiare la questione sociale come si presenta nel Mezzogiorno, cui si contrappone l’impegno dei politici liberali meridionali e dei volontari unitari nel tenere la barra del disegno nazionale. 

Con il 1866 lo scontro si può considerare sostanzialmente concluso, salvo residui episodi negli anni immediatamente successivi. Il Mezzogiorno è ormai parte integrante della nazione italiana, che proprio in quella temperie dolorosa ha cominciato a prendere consapevolezza del pesante divario sociale tra il Sud e il resto del Paese. E’ del 1875, non a caso, la pubblicazione delle Lettere meridionali di Pasquale Villari e l’emergere della questione meridionale come questione fondamentale per il nuovo Stato: “il Mezzogiorno era oramai problema nazionale e centrale nel confronto tra gli unitari”. 

Come è ovvio, il lavoro di Pinto va molto più in profondità di quanto qui si possa dar conto. Guardando senza veli la durezza degli eventi successivi all’unificazione del Paese ed evidenziando le motivazioni sottese ai diversi attori in campo, fornisce un contributo importante per una lettura del modo in cui il nostro Meridione è stato parte integrante del percorso risorgimentale. E il perno di questo percorso, che proprio la ricostruzione dei fatti e delle opposte motivazioni fa emergere con chiarezza, è che al fondo del movimento storico che ha faticosamente portato all’Unità italiana sta la contrapposizione tra rivoluzione liberale e legittimismo assolutista.

E’ la contrapposizione che ha innervato la politica europea per tutto il secolo XIX, ancora fino all’inizio del Novecento. Altre sono le contrapposizioni che segnano l’Europa di oggi nel contesto del nuovo mondo globalizzato. Tornare su quegli eventi ha senso per riflettere sulle radici del nostro stare insieme e capire che la ruota della storia non gira mai all’indietro ma ci propone sempre nuovi drammi e il bisogno di nuove risposte.

Articolo del 13 ottobre 2019 per il Corriere del Mezzogiorno

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