Interventi
01 December 2019

Le inefficienze che hanno frenato la crescita del Mezzogiorno

Non aiutano certo a ricostruire il tessuto dell’identità italiana le polemiche che sono riemerse in questi mesi su presunti “scippi” del Nord a danno del Sud e che sono semplicemente l’altra faccia dei pregiudizi del nordismo leghista sul Sud “sprecone” di risorse altrui. Come sempre, i dati si incaricano di smentire ricostruzioni ideologiche di comodo

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Non aiutano certo a ricostruire il tessuto dell’identità italiana le polemiche che sono riemerse in questi mesi su presunti “scippi” del Nord a danno del Sud e che sono semplicemente l’altra faccia dei pregiudizi del nordismo leghista sul Sud “sprecone” di risorse altrui. Come sempre, i dati si incaricano di smentire ricostruzioni ideologiche di comodo dell’una o dell’altra fazione. 

Così, i Conti pubblici territoriali evidenziano come la spesa pubblica primaria (cioè al netto degli interessi) sia nel Mezzogiorno più alta che al Centro-Nord se considerata in rapporto al Pil prodotto nelle due aree, ma più bassa in termini pro-capite, ossia se considerata in rapporto alla popolazione. Il primo dato ci dice che non c’è nessuno “scippo” del Nord nei confronti del Sud perché nel nostro Paese, come in tutti i Paesi che fanno politiche di coesione, il bilancio pubblico opera un trasferimento di risorse dalle aree economicamente più forti a quelle più deboli (lo ha ricordato da ultimo Antonio Napoli due giorni fa su questo giornale). Il secondo dato ci dice però che quel trasferimento non è sufficiente a garantire uguali servizi ai cittadini del Sud rispetto a quelli del Centro-Nord e che quindi permangono differenze pesanti nelle condizioni di vita degli italiani delle due macroaree. 

Quest’ultimo fenomeno, a sua volta, risente di una lunga evoluzione storica in cui le amministrazioni comunali e regionali in diverse aree del Centro-Nord hanno costruito una rete di servizi alla popolazione che in gran parte del Mezzogiorno non è stata costruita e che ha consolidato la differenza nella spesa pro-capite tra le due macroaree. E’ ora di correggerla, non perché rappresenti un’indebita appropriazione di risorse da parte del Nord ma perché è essenziale sviluppare i servizi per le popolazioni del Sud: è interesse comune del Nord e del Sud che i diritti di cittadinanza siano adeguatamente garantiti su tutto il territorio nazionale.

Sempre i Conti pubblici territoriali rilevano poi che negli ultimi quindici anni la spesa pubblica ordinaria pro-capite in conto capitale (investimenti e contributi agli investimenti) è stata più bassa al Sud che al Centro-Nord; ma al tempo stesso, ancora in termini pro-capite, la spesa in conto capitale complessiva – ordinaria e aggiuntiva (Fondi strutturali europei e Fondo sviluppo e coesione) – è stata un po’ più alta al Sud rispetto al Centro-Nord. Il primo dato significa che le risorse aggiuntive sono state in realtà, per parte significativa, sostitutive di minori risorse ordinarie e quindi hanno avuto un effetto depotenziato sulle possibilità di recupero del divario da parte del Mezzogiorno. Il secondo dato ci dice però che un qualche ruolo aggiuntivo comunque c’è stato e allora dobbiamo chiederci come mai la pur limitata maggiore spesa complessiva non abbia contribuito a ridurre il divario.

La risposta alla questione della sostitutività sta nella regola del 34% di spesa ordinaria in conto capitale introdotta alla fine della passata legislatura e che è urgente applicare: una spesa ordinaria proporzionale alla popolazione significa che Fondi strutturali e Fondo sviluppo e coesione ritornerebbero pienamente aggiuntivi, come è necessario per rimontare il gap infrastrutturale del Meridione. Ma altrettanto importante è la risposta alla seconda questione, l’inefficacia della spesa per investimenti pubblici al Sud, che segnala incapacità a spendere le risorse stanziate e scelte errate o distorte di utilizzo dei fondi che molto hanno a che fare con le inefficienze delle amministrazioni pubbliche meridionali. Inefficienze che hanno impedito di realizzare anche nel Mezzogiorno quelle economie di agglomerazione e quelle esternalità positive che contribuiscono allo sviluppo di città come Milano e di vaste aree del Nord Italia. 

Il Mezzogiorno non parte da zero: il sistema produttivo meridionale è segnato oggi da imprese e lavoratori che hanno mostrato le loro potenzialità con la ripresa di investimenti ed esportazioni del triennio 2015-17 e che costituiscono parte integrante di filiere produttive e interconnessioni che percorrono tutto il Paese e che sarebbe un delitto spezzare. In realtà, il Nord ha bisogno della crescita del Sud e quest’ultimo ha bisogno che la politica non si nasconda dietro ad alibi rivendicativi e si faccia invece interprete delle forze migliori della società civile. Perché all’Italia serve uno sforzo corale di tutte le energie costruttive del Sud e del Nord.

Articolo del 1° dicembre 2019 per il Corriere del Mezzogiorno

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